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2.7 Risorse energetiche

· Aquaponics Food Production Systems

2.7.1 Previsioni

Man mano che la meccanizzazione si diffonde a livello globale, l’agricoltura intensiva in campo aperto si affida sempre più fortemente ai combustibili fossili per alimentare le macchine agricole e per il trasporto di fertilizzanti e prodotti agricoli, nonché per gestire le attrezzature per la lavorazione, l’imballaggio e lo stoccaggio. Nel 2010, l’Agenzia Internazionale dell’Energia dell’OCSE ha previsto che il consumo energetico globale sarebbe cresciuto fino al 50% entro il 2035; la FAO ha anche stimato che il 30% del consumo energetico globale è dedicato alla produzione alimentare e alla sua catena di approvvigionamento (FAO 2011). Le emissioni di gas serra (GHG) associate ai combustibili fossili (circa il 14% nell’analisi del ciclo di vita) aggiunte a quelle derivanti dalla produzione di fertilizzanti (16%) e protossido di azoto da terreni medi (44%) (Camargo et al. 2013), contribuiscono in modo sostanziale agli impatti ambientali dell’agricoltura. Una tendenza nel XXI secolo a produrre biocarburanti a base di colture (ad esempio il mais per l’etanolo) per sostituire i combustibili fossili ha accresciuto la pressione sull’eliminazione delle foreste pluviali, delle torbiere, delle savane e dei prati destinati alla produzione agricola. Tuttavia, gli studi indicano la creazione di un «debito di carbonio» da tali pratiche, poiché il rilascio complessivo di COSub2/sub supera le riduzioni dei gas a effetto serra che essi forniscono spostando i combustibili fossili (Fargione et al. 2008). Probabilmente un simile debito di carbonio esiste quando si sgombra terreni per coltivare colture alimentari attraverso un’agricoltura convenzionale che si basa su combustibili fossili.

In un’analisi comparativa dei sistemi di produzione agricola, è stato riscontrato che i sistemi di pesca con reti a strascico e di acquacoltura a ricircolo (RAS) emettono gas GHG 2—2,5 volte quello della pesca non con reti a strascico e dell’acquacoltura non RAS (penna, pista). In RAS, questi requisiti energetici riguardano principalmente il funzionamento di pompe e filtri (Michael e David 2017). Allo stesso modo, i sistemi di produzione in serra possono emettere gas serra fino a tre volte di più rispetto alla produzione di colture in campo aperto se è necessaria energia per mantenere il calore e la luce entro intervalli ottimali (ibid.). Tuttavia, questi dati sui gas a effetto serra non tengono conto di altri impatti ambientali dei sistemi non RAS, come l’eutrofizzazione o i potenziali trasferimenti di agenti patogeni verso gli stock selvatici. Non considerano neppure i gas a effetto serra derivanti dalla produzione, dal trasporto e dall’applicazione di erbicidi e pesticidi utilizzati nella coltivazione in campo aperto, né il metano e il protossido di azoto provenienti dalla produzione animale associata, entrambi con un potenziale di riscaldamento serra (GWP) di 100 anni 25 e 298 volte quello di COsub2/sub, rispettivamente (Camargo et al. 2013; Eggleston et al. 2006).

Queste stime sobrie del consumo energetico attuale e futuro e delle emissioni di gas serra associate alla produzione alimentare hanno spinto nuovi modelli e approcci, ad esempio l’approccio del nesso acqua-alimentare-energia dell’ONU menzionato nella Sez. 2.1. Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite hanno individuato la vulnerabilità della produzione alimentare alle fluttuazioni dei prezzi dell’energia come fattore chiave dell’insicurezza alimentare. Ciò ha spinto gli sforzi per rendere i sistemi agroalimentari «intelligenti», ponendo l’accento sul miglioramento dell’efficienza energetica, sull’aumento dell’uso delle fonti energetiche rinnovabili e sull’incoraggiamento dell’integrazione della produzione alimentare ed energetica (FAO 2011).

2.7.2 Acquaponica e Risparmio energetico

I progressi tecnologici nelle operazioni dei sistemi acquaponici si stanno muovendo verso una sempre più «smart energetica» e riducendo il debito di carbonio derivante da pompe, filtri e dispositivi di riscaldamento/raffreddamento mediante l’utilizzo di energia elettrica generata da fonti rinnovabili. Anche a latitudini temperate, molti nuovi progetti consentono di reintegrare completamente l’energia necessaria per il riscaldamento e il raffreddamento di vasche per pesci e serre, in modo che questi sistemi non richiedano ingressi oltre gli array solari o l’elettricità/calore generato dalla produzione di biogas batterica di fanghi derivati dall’acquacoltura (Ezebuiro e Körner 2017; Goddek e Keesman 2018; Kloas et al. 2015; Yogev et al. 2016). Inoltre, i sistemi acquaponici possono utilizzare la denitrificazione microbica per convertire il protossido di azoto in gas di azoto se sono disponibili sufficienti fonti di carbonio provenienti dai rifiuti, in modo tale che i batteri anaerobici eterotrofici e facoltativi possano convertire i nitrati in eccesso in gas azoto (Van Rijn et al. 2006). Come osservato nella [Sez. 2.7.1](#271 -previsioni), il protossido di azoto è un potente gas serra e i microbi già presenti nei sistemi acquaponici chiusi possono facilitarne la conversione in azoto gas.

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